Il nostro vino

I nostri prodotti vengono amorevolmente coltivati e trasformati da un team di collaboratori su terreni appartenuti alla nostra famiglia da secoli, collinari e digradanti dolcemente verso il fiume “Calore”.

Ed è proprio la posizione prospicente alla valle del fiume “Calore” che rende il nostro vitigno, rigorosamente autoctono, così speciale, l’esposizione solare per quasi tutta la giornata unita al vento che spira costantemente dona al grappolo maturazione equilibrata che conferisce la giusta acidità e grado alcolico, uve sane che vengono vendemmiate intere, raccolte a mano e conferite in cantina in cassette da 16 kg. La complessità dei suoli e l’ottima esposizione solare, donano una perfetta maturazione consentendo il raggiungimento di un ottimo grado alcolico e conferiscono corposità e morbidezza.

Il metodo di coltivazione è rimasto fedele ad alcuni principi quali il basso impatto ambientale, tutte le operazioni vengono effettuate a mano dai nostri collaboratori, in particolare la selezione dei grappoli in modo da prediligere la qualità, andando a vinificare solamente le uve migliori anche a discapito della resa che viene tenuta volutamente bassa rispetto ai disciplinari di produzione D.O.C.

Strizzando l’occhio alle moderne tecniche di lavorazione.

Altro discorso avviene in cantina dove la pressatura soffice, che evita qualsiasi contatto tra le bucce e il mosto, la decantazione statica, una fermentazione alcolica a temperatura controllata e l’utilizzo di lieviti varietali, donano alla Falanghina, al palato, un sapore morbido, fresco, delicato e dotato di ottima acidità.


E anche l’occhio vuole la sua parte

Amanti dell’arte contemporanea, è venuto naturale per la presentazione dei nostri prodotti rivolgersi ad una artista internazionale, Vanni Cuoghi, per la creazione delle etichette: per i vini in particolare, con la scomposizione dello stemma di famiglia in due linee per il bianco e per il rosso, che richiamano la storia familiare e dei luoghi.

  • Così per l’Aglianico, il Bosco richiama il nome dei campi della zona “Recupo” dall’antico nome latino Res Cupa, probabilmente perché al tempo l’antico tracciato della Via Appia che passava attraverso i nostri campi era circondato appunto da boschi di querce.

  • Così per la Falanghina la Fenice che si getta nel fuoco si fonde con la “Janara” Beneventana, la strega per eccellenza, basti pensare che il termine Sabba delle Streghe non deriva altro che dal fiume Sabato, il secondo fiume di Benevento, sulle cui rive erano solite raccogliersi.